Promuovere parità e prevenzione nell’era del digitale
Viviamo in un tempo in cui la tecnologia ci permette di essere costantemente connessi: possiamo comunicare ovunque, seguire online vite che sembrano perfette, piene di bellezza, successi professionali e scenari scintillanti. Ma accanto a questa dimensione così visibile e patinata, esiste un insieme di argomenti di cui si parla ancora troppo poco — perché complessi, scomodi o spesso oscurati da pregiudizi radicati.
Ci sono donne che imparano a parlare nel silenzio. Non perché non abbiano voce, ma perché qualcuno gliel’ha tolta. La violenza comincia così: non con un urlo, ma con un’ombra che lentamente si posa sulla libertà dell’altro. È un trauma che colonizza l’anima: toglie spazio, restringe il mondo, piega la percezione.
Eppure, dentro ogni persona ferita resta un frammento di possibilità, un punto di luce che nonostante tutto non è mai stato spento. Il lavoro allora non è “aggiustare”. È accompagnare. È stare accanto a quel frammento finché non trova il coraggio di espandersi. È offrire un luogo dove il non detto possa finalmente prendere forma, dove la paura possa diventare parola, e la parola possa diventare scelta.
La parità nasce da qui:
dal riconoscimento profondo dell’altro come soggetto, come vita, come pensiero.
Dal rispetto dell’alterità, dall’onestà emotiva, dal coraggio di guardare ciò che fa male senza voltarsi.
Oggi ricordiamo chi non ha potuto parlare, chi è stata costretta al silenzio, chi porta ancora addosso la paura. Ma celebriamo anche chi sta ritrovando la propria voce, chi ricuce il proprio sentire con pazienza, chi risale dal buio un respiro alla volta. Perché ogni donna che torna a scegliere è un atto di rinascita che riguarda tutti noi.
Nella Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne sentiamo ancora più forte la necessità di dare spazio a queste conversazioni. I fiocchi bianchi, le scarpe rosse e le panchine rosse che compaiono nelle città e nelle scuole non sono solo simboli: sono richiami e inviti a non distogliere lo sguardo, a riconoscere la violenza in tutte le sue forme, anche quelle che si manifestano attraverso gli schermi.
Come associazione di media education ci uniamo alle parole del padre di Giulia Cecchettin https://www.youtube.com/watch?v=pilGaq15fDw: tutte le istituzioni — dalla famiglia alla scuola, dalle realtà pubbliche ai contesti informali — devono impegnarsi a costruire consapevolezza e a offrire spazi in cui imparare a parlare di affettività, rispetto e parità. Solo così possiamo favorire relazioni sane, contrastare stereotipi e alimentare una cultura dell’ascolto, della responsabilità e della prevenzione.



